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APNEE NEGLI SPORTIVI

La sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS) è un disturbo medico significativo, sempre più conosciuto per i suoi effetti ad ampio raggio sulla salute fisica e mentale.
Attualmente si conosce poco sulla prevalenza dell’OSAS negli atleti e sul suo potenziale effetto sulle prestazioni fisiche. Soprattutto fra gli atleti, come nel resto della popolazione, dovrebbe esserci un alto sospetto di malattia particolarmente in coloro che presentano dei tratti anatomici caratteristici, o sintomi correlati con il disordine.

I principali sintomi correlati all’OSAS, nei soggetti adulti, sono stanchezza al risveglio, forte sonnolenza diurna, difficoltà di concentrazione durante il giorno, calo della memoria, mal di testa mattutino e frequenti risvegli notturni per urinare (nicturia). I principali fattori di rischio sono invece aumento di peso significativo o obesità, consumo di alcool, abitudine al fumo, uso di farmaci rilassanti che inducono il sonno, età avanzata e menopausa.

In ambito sportivo, dormire poco può portare ad un calo delle prestazioni e del recupero negli atleti. I disturbi del sonno sono comunemente osservati in diverse categorie di sportivi e spesso possono passare inosservati.

È importante educare gli atleti su durata, qualità e tempistiche adeguate per un buon sonno ed eseguire degli interventi per favorire un’igiene del sonno, quali modificare i tempi di allenamento o pianificare attentamente i viaggi per competizioni in paesi con diversi fusi orari.
 

Negli ultimi anni, i disturbi respiratori del sonno come l’OSAS hanno acquisito maggiore importanza nella comunità atletica. La prevalenza di pazienti OSAS all’interno della National Football League (NFL) è all’incirca di 14-19%, con una prevalenza di OSAS, nella popolazione generale statunitense, del 2-5%. I giocatori della NFL hanno una maggiore predisposizione allo sviluppo di OSAS a causa di alcuni fattori di rischio, quali un’ampia circonferenza del collo e un’alta prevalenza di obesità.

Questi atleti, anche se spesso in ottima forma fisica, hanno un collo di diametro maggiore a causa dell’eccessivo sollevamento di pesi e della necessità di dover spingere gli avversari in campo. L’eccesso di grasso o di tessuto muscolare a livello del collo può causare l’ispessimento della trachea e rendere più difficoltoso il mantenimento della pervietà delle vie aeree quando il corpo è in uno stato di rilassamento.

Anche altri atleti con corpi particolarmente muscolosi (culturisti, sollevatori, lanciatori, alcuni lottatori), possono presentare, proprio a causa dell’OSAS, un aumentato rischio di sviluppare infarto, ipertensione ed altri problemi di salute generale molto severi che possono anche mettere in pericolo la vita dell’individuo.

Oggi viviamo in un mondo in cui le celebrità ricoprono un ruolo importante nella vita quotidiana della popolazione mondiale . Grazie a questo, gli atleti professionisti che presentano OSAS possono promuoverne la consapevolezza, facendo la differenza all’interno dell’educazione pubblica.

Per riportare qualche esempio, Shaquille O’Neal, giocatore statunitense di basket in pensione, ha aiutato a diffondere la conoscenza della sindrome da apnee ostruttive del sonno attraverso un video intitolato “Shaq attacca le apnee del sonno”, dove si mostra mentre interagisce con degli specialisti del sonno di Harvard che lo preparano per una notte di studi.

Sono stati effettuati diversi studi sull’OSAS negli atleti; fra questi uno è stato condotto all’interno di una squadra di 25 rugbisti, per determinare la prevalenza fra di loro dei disturbi del sonno attraverso una polisonnografia, un questionario sul sonno e la rilevazione di dati antropometrici quali l’Indice di Massa Corporea (BMI) e la circonferenza del collo. Dai risultati della polisonnografia si è osservata la presenza di OSA (AHI: indice di apnea-ipopnea ≥5 eventi/hr) e di movimenti periodici degli arti inferiori (PLM: ≥15 eventi/hr), mentre tramite i questionari è stata valutata la prevalenza disonnolenza diurna, insonnia o difficoltà all’addormentamento, rischio di OSAS e presenza della sindrome delle gambe senza riposo (RLS). L’OSAS era presente nel 24% dei giocatori (6 giocatori). I questionari hanno mostrato che tutti i giocatori presentavano insonnia ed eccessiva sonnolenza diurna e due giocatori sono stati identificati con rischio OSAS. Nelle conclusioni, questo studio promuove una maggiore attenzione alla diagnosi e terapia dei disordini del sonno all’interno delle squadre sportive, soprattutto professionistiche, ai fini di ottimizzare il recupero fisico e le prestazioni degli atleti e salvaguardarne la salute.

In un altro studio, è stata invece osservata, in un gruppo di nuotatori, la prevalenza di OSAS, definita come un indice di desaturazione dell’ossigeno ≥ 5. Tale prevalenza è risultato del 30%. Delle analisi hanno dimostrato che le notti precedenti ai giorni di allenamento, l’orario in cui gli atleti si coricavano  era significativamente anticipato rispetto alle altre sere, e che il tempo totale di sonno era molto minore. I nuotatori, come tutti gli altri tipi di atleti, vengono maggiormente penalizzati dalla sintomatologia diurna dei disturbi del sonno rispetto ad altri individui non atleti.

Si osserva perciò, anche in questo caso, la necessità di modificare alcune abitudini della squadra per poter eliminare le situazioni che possono comportare un rischio di sviluppo di disordini del sonno.

Sitografia:

Back,To,School.,Happy,Smiling,Pupil,Drawing,At,The,Desk.

Bambini e Scuola, quanto incide il Sonno

Al giorno d’oggi, la maggior parte della popolazione pediatrica non rispetta le raccomandazioni generali sul sonno e, poiché anche nei bambini un buon sonno comporta benefici sociali, fisici e mentali, appare dunque necessario intervenire in maniera efficace, per ridurre al minimo le problematiche legate al sonno. Attraverso uno studio sistematico, sono state osservate le caratteristiche e l’efficacia di alcuni interventi, aventi lo scopo di aumentare la durata del sonno in un gruppo di bambini in età scolare. Complessivamente, non sono state trovate prove che abbiano dimostrato la positività di un particolare metodo di intervento, ma sono stati ottenuti risultati maggiormente significativi dal ritardare l’inizio delle lezioni e da interventi multi-comportamentali in ambito sia scolastico che domestico. In un secondo studio sono stati esaminati gli effetti dell’orario di inizio della scuola sulla durata del sonno degli studenti. I risultati hanno indicato che iniziare le lezioni più tardi comporta una durata del sonno maggiore, una minore sonnolenza diurna e un minore ritardo a scuola. Tuttavia, la necessità di approfondire l’argomento con altri studi, porta ad un’interpretazione cauta dei dati acquisiti. In generale, però ritardare l’orario di inizio della scuola è associato a benefici nel sonno degli studenti e perciò, del loro stato di salute generale. 

La discrepanza di sonno nei giorni festivi e in quelli feriali è un fenomeno comune nei bambini e nei ragazzi in età scolare, anche se gli effetti di questa discrepanza restano poco chiari. Uno studio sistematico è stato condotto per valutare la discrepanza, tra i giorni feriali e festivi, nell’orario di sveglia, nel punto mediano del sonno e nella durata del sonno stesso, e la loro associazione con le prestazioni accademiche e la salute di bambini e ragazzi. La discrepanza di sonno fra la settimana e il fine settimana è associata ad una diminuzione delle prestazioni scolastiche, sintomi depressivi nel periodo dell’adolescenza, particolarmente durante la scuola secondaria, e un maggiore rischio di obesità/sovrappeso, soprattutto nei bambini asiatici e nei ragazzi. Anche se le prove sono limitate, una maggiore discrepanza di sonno tra i giorni feriali e festivi è associata ad un aumentato rischio di problemi comportamentali e rischio di suicidio.

Altri studi dimostrano che un sonno insufficiente comporta un’importante e complicata serie di rischi per la salute nella popolazione adolescenziale. Non solo il deficit di sonno, definito sia come inadeguata durata del sonno sia come tempi di sonno disallineati con i ritmi circadiani del corpo, è a livelli epidemici in questa fetta di popolazione, ma i fattori contribuenti sono complicati e numerosi e ci sono una miriade di conseguenze negative sia fisiche sia di salute mentale. Le cause di un sonno inadeguato all’interno della popolazione adolescenziale includono soprattutto fattori esterni come attività extracurricolari, eccessivi compiti per casa, l’orario di inizio delle lezioni a scuola, l’utilizzo di dispositivi elettronici in orario serale, l’uso e abuso di caffeina e sostanze stimolanti; ma anche processi interni biologici quali il ritardo dei ritmi circadiani dovuto alla pubertà e il loro rallentamento basato sullo sviluppo.

Le conseguenze di ciò sono piuttosto varie: inattività, riduzione nel funzionamento esecutivo, scarse prestazioni accademiche, aumentato rischio di obesità e disfunzioni cardiometaboliche, disturbi dell’umore (fino ad un maggior rischio di suicidio), aumentato rischio di comportamenti dannosi per la salute come l’utilizzo di alcol e droghe, aumento degli incidenti stradali, degli incidenti in ambito lavorativo e correlati allo sport. In risposta a queste scoperte, per ridurre il deficit di sonno negli adolescenti, sono stati proposti un’educazione all’igiene del sonno, per studenti e famiglie, e il posticipo dell’inizio delle lezioni, per permettere agli adolescenti di ottenere un sufficiente e appropriato riposo notturno.

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Osas e Melatonina

L’assunzione di melatonina può influenzare l’osas?

La melatonina è un ormone secreto dalla ghiandola pineale a partire dalla serotonina e prodotto seguendo l’alternanza luce-buio, con un picco di secrezione durante le ore notturne, in cui il livello di melatonina è circa 10-20 volte superiore rispetto a quello diurno [1].

Tale ormone nei mammiferi regola numerosi processi fisiologici come il ritmo sonno-veglia, la maturazione sessuale, la riproduzione e l’invecchiamento.

Per la sua influenza sul ritmo sonno-veglia, e per la sua capacità di mantenere inalterata la fase del sonno REM  senza causare sonnolenza diurna, la melatonina esogena è impiegata nel trattamento dei disturbi da cambio di fuso orario (jet lag) e dei disturbi del sonno, in particolare quelli che coinvolgono la fase di addormentamento. Diversi studi hanno infatti dimostrato che le persone che presentano ridotti livelli di melatonina soffrono di insonnia e disturbi del sonno. 

Proprio grazie alla capacità di mantenere inalterata l’architettura del sonno, la melatonina trova un importante campo di applicazione nei soggetti affetti da OSAS (Sindrome della Apnee Ostruttive del Sonno), patologia frequentemente associata a sonnolenza diurna e insonnia: in questi soggetti è stata rilevata l’assenza del picco notturno di melatonina.

In condizioni di privazione di sonno, si verifica un’alterazione della secrezione di vari ormoni (insulina, gh, leptina, catecolamine, acth) che potrebbero essere responsabili, attraverso un’alterazione del senso di sazietà e una stimolazione dell’appetito, del frequente sovrappeso e della difficoltà nel perdere peso dimostrati dai pazienti affetti da OSAS.

La melatonina esogena, quindi, sopperendo all’assenza del picco secretorio notturno della melatonina endogena, interviene nel regolare le interazioni ormonali che sono alla base della modulazione dei complessi meccanismi del sonno e del senso di fame e sazietà come il bilanciamento tra GHRH-CRH e tutti quei complessi meccanismi di feed back, che comprendono GH, ACTH, leptina, catecolamine, grelina e il sistema delle citochine.

Poiché il calo ponderale è il trattamento di elezione per i pazienti obesi affetti da OSAS, si potrebbe pensare alla melatonina come un integratore da aggiungere all’iter terapeutico di questa patologia, vista anche l’assenza di controindicazioni: è stato dimostrato che elevate dosi di melatonina per via orale (20-100mg/day) sono ben tollerate senza alcun rischio per la salute e senza alcun cambiamento clinicamente significativo nei parametri biochimici e fisiologici [2].

Nel quadro delle OSAS inoltre, la melatonina può avere un’indicazione terapeutica nel ridurre le complicanze dismetaboliche di tale disturbo, come il deterioramento cognitivo, il diabete di tipo 2, l’insufficienza cardiaca, il danno renale precoce, la fibrillazione atriale, la malattia coronarica e l’ictus ischemico 

La melatonina è in grado di prevenire l’aumento dei livelli di glucosio, conseguenza dell’esposizione all’ipossia intermittente, modula l’autofagia attraverso la via della protein-chinasi attivata dall’adenosina monofosfato  5′ ed ha un’azione protettiva dall’ipertrofia cardiaca, indotta dall’ipossia cronica intermittente. Inoltre, la melatonina inibisce l’espressione di citochine infiammatorie (TNFα, Interleuchina-6, COX-2) e specifici markers (come TGFβ e PC1), mitiga il sovraccarico di calcio e ne riduce la concentrazione, con conseguente riduzione della contrattilità cardiaca.

Tale ormone può anche prevenire lo sviluppo di disturbi cardiovascolari, secondari ai disturbi respiratori del sonno, attraverso diversi meccanismi: è stato dimostrato che un uso profilattico di melatonina nei pazienti con OSAS svolge una funzione protettiva contro l’infiammazione e la fibrosi miocardica indotte dall’ipossia cronica intermittente attraverso l’attivazione dei recettori MT1 e MT2; inoltre la melatonina inibisce i recettori B2Rs e la dimerizzazione dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), abbassando così la pressione sanguigna.

Grazie a un miglioramento del sistema circadiano endogeno, quindi, la melatonina può rappresentare un importante espediente terapeutico per la modulazione delle complicanze cardiovascolari e  dell’ipertensione  associate all’OSAS.

Più studi, in particolare trials clinici su larga scala, appaiono necessari, anche per la valutazione di eventuali effetti avversi nel lungo periodo [3].

Per ciò che concerne la posologia della melatonina nei soggetti adulti, si raccomanda l’uso della minor dose possibile (tra i 0.3 mg fino a un massimo di 1 o 2 g), in formulazioni ad immediato rilascio, assunta preferibilmente un’ora prima di coricarsi, così da mimare al meglio l’andamento fisiologico dell’ormone endogeno ed evitarne un livello ematico eccessivo e troppo prolungato [4].

References:

  1. Barnaś M, Maskey-Warzęchowska M, Bielicki P, Kumor M, Chazan R. Diurnal and nocturnal serum melatonin concentrations after treatment with continuous positive airway pressure in patients with obstructive sleep apnea. Pol Arch Intern Med. 2017 Sep 29;127(9):589-596. doi: 10.20452/pamw.4062. Epub 2017 Jul 10. PMID: 28724876.
  2. Mandica, S. (2010). Ruolo della melatonina in soggetti obesi con sindrome delle apnee ostruttive
  3. Zizhen Xie, Fei Chen, William A. Li, Xiaokun Geng, Changhong Li, Xiaomei Meng, Yan Feng, Wei Liu & Fengchun Yu (2017) A review of sleep disorders and melatonin, Neurological Research, 39:6, 559-565,
  4. Vural, E.M.S., van Munster, B.C. & de Rooij, S.E. Optimal Dosages for Melatonin Supplementation Therapy in Older Adults: A Systematic Review of Current Literature. Drugs Aging 31, 441–451 (2014). https://doi.org/10.1007/s40266-014-0178-0
OSAS-russamento-cardiologia

OSAS russamento cardiologia

Il russamento abituale coinvolge circa il 60% della popolazione adulta maschile e viene definito come un suono (o rumore) originato durante il sonno in fase inspiratoria, anche se può essere avvertita una piccola componente espiratoria (soprattutto nei pazienti OSAS) dovuta alla vibrazione delle pareti dell’orofaringe. 

Affinché ci sia russamento devono essere presenti contemporaneamente: stato di sonno, limitazione del flusso di aria e presenza di strutture che possono essere messe in vibrazione (come per esempio il palato molle).

L’importanza patologica è correlata alla sua intensità (può essere differenziato in lieve, moderato e severo), la sua durata, e con la distinzione tra russamento continuo o russamento intermittente.

Le conseguenze più pericolose del russamento continuo ed abituale e delle OSAS riguardano l’apparato cardiovascolare e in particolare sono: ipertensione, ipertrofia ventricolare sinistra, aritmie, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale. Il russamento abituale porta inoltre ad un significativo rischio di ictus e infarto del miocardio.

I meccanismi principali che collegano l’OSAS con problemi cardiovascolari sono: iperattività del sistema nervoso simpatico, attivazione selettiva del cammino infiammatorio, disfunzione endoteliale, e disregolazione metabolica.

MARKERS INFIAMMATORI: nei pazienti OSAS si riscontrano elevati livelli di markers infiammatori, come PCR (proteina C reattiva), IL-6, TNF-α. L’attivazione dell’infiammazione è responsabile di stati di ipossia intermittente. Per effetto dell’ipossia intermittente, si verifica un aumento dello stress ossidativo che potrebbe essere coinvolto nella correlazione tra OSAS e malattie cardiovascolari. La reintroduzione di ossigeno nei tessuti ischemici porta alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), con possibile induzione di danno endoteliale. Il danno vascolare e il danno endoteliale, inoltre, possono anche essere dovuti a una riduzione dell’ossido nitrico (NO), vasodilatatore di origine endoteliale. Questa riduzione può essere indotta da una riduzione dell’ossigeno molecolare, da un aumento degli inibitori dell’NO-sintasi e da una sospensione dell’espressione dell’NO-sintasi endoteliale.

EFFETTI SUL LAVORO CARDIACO: nelle OSAS si verificano dei ripetuti episodi di occlusione delle vie aeree durante il sonno, e questo determina ipossiemia, ipercapnia e ricorrenti cambiamenti della pressione intratoracica, portando a diverse risposte autonomiche ed emodinamiche.

Gli stati di ipossiemia e di ipercapnia aumentano l’attività simpatica attraverso la stimolazione di chemocettori periferici e centrali, portando quindi a vasocostrizione simpatico-mediata dei vasi periferici, con conseguente aumento delle resistenze periferiche e della frequenza cardiaca. Questa vasocostrizione serve anche a contrastare una caduta della pressione arteriosa durante le apnee; al termine dell’apnea, invece, si verificano tachicardia, aumento del ritorno venoso con incremento del lavoro cardiaco e un’importante attivazione del simpatico con conseguente aumento dei valori pressori.

IPERTENSIONE: è stata trovata correlazione tra il russamento e l’ipertensione. L’OSAS è un fattore di rischio per l’ipertensione arteriosa sistemica che, a sua volta, è una condizione di comorbilità frequente nelle apnee notturne. Nell’ipertensione arteriosa dei pazienti OSAS un ruolo chiave è dato dallo stato di ipossia intermittente e dall’attivazione del sistema nervoso simpatico. Inoltre è stato osservato come in questi pazienti e nei russatori severi la pressione arteriosa sistemica non decresca durante la notte ma al contrario aumenti definendo un profilo “non-dipper”.

Nei pazienti OSAS, inoltre, l’ipertensione riscontrata è refrattaria alle terapie farmacologiche.

IPERTROFIA VENTRICOLARE SINISTRA: le possibili cause comprendono l’aumentato post-carico nel ventricolo sinistro, lo stato di ipossia intermittente e i ripetuti risvegli. C’è correlazione tra la gravità di questa situazione e la severità dell’OSAS.

SCOMPENSO CARDIACO: oltre all’ipertensione arteriosa sistemica, gli altri meccanismi che possono portare i pazienti OSAS a soffrire di scompenso cardiaco sono l’aumento di incidenza degli eventi ischemici, la riduzione della contrattilità dovuta all’ipossia, il danno dei miociti causato dall’incremento della stimolazione catecolaminergica e le variazioni emodinamiche conseguenti alla ripetuta negativizzazione della pressione intratoracica.

FIBRILLAZIONE ATRIALE: c’è stretta correlazione tra OSAS e fibrillazione atriale. Le inspirazioni forzate a cui vanno incontro i pazienti OSAS, portano a grandi fluttuazioni della pressione cardiaca transmurale, a cui consegue un aumento dello stress di parete. Tra i meccanismi che portano questi pazienti ad avere un maggior rischio di fibrillazione atriale ci sono la disfunzione diastolica e l’aumento delle dimensioni dell’atrio sinistro. Oltre a questi si ricorda anche che l’aumento dell’attivazione del sistema simpatico può portare all’attivazione dei canali ionici atriali catecolamino-sensibili, causando scariche focali che possono iniziare una fibrillazione atriale.

BIBLIOGRAFIA:

  • Linee guida nazionali per la prevenzione ed il trattamento odontoiatrico della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), Ministero della Salute, 2014
  • Bentivoglio F, Bergamini E, Fabbri M, Andreoli C, Bartolini C, Cosmi D, Capasso V, Bottini P, Ambrosio G. Sindrome dell’apnea ostruttiva notturna e malattie cardiovascolari. G Ital Cardiol 2008; 9 (7): 472-481
  • Mugnai G. Legami fisiopatologici tra sindrome delle apnee ostruttive notturne e sindrome metabolica. G Ital Cardiol 2010; 11 (6): 453-459
  • Parati G, Lombardi C, Narkiewicz K. Sleep apnea: epidemiology, pathophysiology, and relation to cardiovascular risk. Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol 293: R1671–R1683, 2007. Doi: 10.1152/ajpregu.00400.2007
  • Dalmasso F, Prota R. Snoring: analysis, measurement, clinical implications and applications. Eur Respir J, 1996, 9, 146–159. Doi: 0.1183/09031936.96.09010146
  • Lindberg E, Janson C, Gislason T, Svärdsudd K, Hetta J, Boman G. Snoring and hypertension: a 10 year follow-up. Eur Respir J 1998; 11: 884–889. Doi: 0.1183/09031936.98.11040884
  • Dunai A, Keszei AP, Kopp MS, Shapiro CM, Mucsi I, Novak M. Cardiovascular disease and health-care utilization in snorers: a population survey. SLEEP 2008;31(3):411-416
  • Bhattacharyya N. Sleep and health implications of snoring: a population analysis. Laryngoscope, 125:2413–2416, 2015
  • Wang Zhang, Liang-yi si. Obstructive sleep apnea syndrome (OSAS) and hypertension: pathogenic mechanisms and possible therapeutic approaches. Upsala Journal of Medical Sciences, 117:4, 370-382. Doi: 10.3109/03009734.2012.707253
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Bambini e Scuola, quanto incide il Sonno

Al giorno d’oggi, la maggior parte della popolazione pediatrica non rispetta le raccomandazioni generali sul sonno e, poiché anche nei bambini un buon sonno comporta benefici sociali, fisici e mentali, appare dunque necessario intervenire in maniera efficace, per ridurre al minimo le problematiche legate al sonno.

Attraverso uno studio sistematico, sono state osservate le caratteristiche e l’efficacia di alcuni interventi, aventi lo scopo di aumentare la durata del sonno in un gruppo di bambini in età scolare. Complessivamente, non sono state trovate prove che abbiano dimostrato la positività di un particolare metodo di intervento, ma sono stati ottenuti risultati maggiormente significativi dal ritardare l’inizio delle lezioni e da interventi multi-comportamentali in ambito sia scolastico che domestico.

In un secondo studio sono stati esaminati gli effetti dell’orario di inizio della scuola sulla durata del sonno degli studenti. I risultati hanno indicato che iniziare le lezioni più tardi comporta una durata del sonno maggiore, una minore sonnolenza diurna e un minore ritardo a scuola. Tuttavia, la necessità di approfondire l’argomento con altri studi, porta ad un’interpretazione cauta dei dati acquisiti. In generale, però ritardare l’orario di inizio della scuola è associato a benefici nel sonno degli studenti e perciò, del loro stato di salute generale.

La discrepanza di sonno nei giorni festivi e in quelli feriali è un fenomeno comune nei bambini e nei ragazzi in età scolare, anche se gli effetti di questa discrepanza restano poco chiari. Uno studio sistematico è stato condotto per valutare la discrepanza, tra i giorni feriali e festivi, nell’orario di sveglia, nel punto mediano del sonno e nella durata del sonno stesso, e la loro associazione con le prestazioni accademiche e la salute di bambini e ragazzi. La discrepanza di sonno fra la settimana e il fine settimana è associata ad una diminuzione delle prestazioni scolastiche, sintomi depressivi nel periodo dell’adolescenza, particolarmente durante la scuola secondaria, e un maggiore rischio di obesità/sovrappeso, soprattutto nei bambini asiatici e nei ragazzi. Anche se le prove sono limitate, una maggiore discrepanza di sonno tra i giorni feriali e festivi è associata ad un aumentato rischio di problemi comportamentali e rischio di suicidio. 

Altri studi dimostrano che un sonno insufficiente comporta un’importante e complicata serie di rischi per la salute nella popolazione adolescenziale. Non solo il deficit di sonno, definito sia come inadeguata durata del sonno sia come tempi di sonno disallineati con i ritmi circadiani del corpo, è a livelli epidemici in questa fetta di popolazione, ma i fattori contribuenti sono complicati e numerosi e ci sono una miriade di conseguenze negative sia fisiche sia di salute mentale. Le cause di un sonno inadeguato all’interno della popolazione adolescenziale includono soprattutto fattori esterni come attività extracurricolari, eccessivi compiti per casa, l’orario di inizio delle lezioni a scuola, l’utilizzo di dispositivi elettronici in orario serale, l’uso e abuso di caffeina e sostanze stimolanti; ma anche processi interni biologici quali il ritardo dei ritmi circadiani dovuto alla pubertà e il loro rallentamento basato sullo sviluppo.

Le conseguenze di ciò sono piuttosto varie: inattività, riduzione nel funzionamento esecutivo, scarse prestazioni accademiche, aumentato rischio di obesità e disfunzioni cardiometaboliche, disturbi dell’umore (fino ad un maggior rischio di suicidio), aumentato rischio di comportamenti dannosi per la salute come l’utilizzo di alcol e droghe, aumento degli incidenti stradali, degli incidenti in ambito lavorativo e correlati allo sport. In risposta a queste scoperte, per ridurre il deficit di sonno negli adolescenti, sono stati proposti un’educazione all’igiene del sonno, per studenti e famiglie, e il posticipo dell’inizio delle lezioni, per permettere agli adolescenti di ottenere un sufficiente e appropriato riposo notturno.

References:

References:

  1. Effects of school start time on students’ sleep duration, daytime sleepiness, and attendance: a meta-analysis Jennifer M Bowers Anne Moyer PMID: 29157635
  2. Interventions that stimulate healthy sleep in school-aged children: a systematic literature review Vincent Busch 1Teatske M Altenburg 2Irene A Harmsen Mai J Chinapaw   PMID: 28177474
  3. Associations of weekday-to-weekend sleep differences with academic performance and health-related outcomes in school-age children and youths Wanqi Sun Jiefan Ling Xindi Zhu Tatia Mei-Chun Lee Shirley Xin Li  PMID: 31060028
  4. Insufficient sleep in adolescents: causes and consequences Judith A Owens Miriam R Weiss PMID: 28211649
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Quante ore per notte dovrei dormire?

Il sonno è un elemento vitale per la salute generale dell’organismo e per il suo benessere: spendiamo infatti fino ad un terzo delle nostre vite dormendo e la qualità del sonno resta un fattore fondamentale per la qualità della vita.

Il fabbisogno di sonno varia moltissimo da soggetto a soggetto ed è influenzato dallo stile di vita e dallo stato di salute di ciascun soggetto.

La National Sleep Foundation (NSF), nel 2014, ha pubblicato i risultati di uno studio eseguito a livello mondiale, con un aggiornamento delle linee guida su quante ore di sonno siano necessarie per ogni fascia di età.

La NSF ha riunito un gruppo multidisciplinare di esperti, comprendenti sia studiosi nel campo della medicina del sonno che appartenenti ad altre aree mediche e scientifiche, ed ha condotto una revisione sistematica della letteratura, per sintetizzare le opinioni degli esperti riguardanti la durata del sonno ideale in base alla fascia d’età considerata. 

Il gruppo di esperti ha enfatizzato che alcuni soggetti potrebbero dormire di più o di meno rispetto a quanto raccomandato, senza manifestare effetti avversi, tuttavia i soggetti con una durata del sonno che si discosta di molto dal range di normalità potrebbero avere un’eccessiva restrizione di sonno e/o seri problemi di salute.

Le linee guida della National Sleep Foundation includono le ore consigliate (ovvero quelle che gli esperti concordano siano appropriate per la salute e il benessere), le ore possibilmente accettabili (ovvero quelle ore che possono essere appropriate per alcuni individui), ma anche le ore non raccomandate (ore di sonno sfavorevoli alla salute e al benessere). I risultati, suddivisi per fascia di età, sono i seguenti:

Neonati (0-3 mesi): la durata raccomandata è variata in 14-17 ore al giorno 

Neonati (4-11 mesi): la durata raccomandata è di 12-15 ore 

Toddlers (1-2 anni): la durata raccomandata è di un’ora a 11-14 ore 

Prescolari (3-5 anni): la durata raccomandata è di 10-13 ore 

Bambini in età scolare (6-13 anni): la durata raccomandata è di 9-11 ore 

Adolescenti (14-17 anni): la durata raccomandata è di 8-10 ore 

Giovani adulti (18-25 anni): la durata raccomandata è di 7-9 ore 

Adulti (26-64): la durata raccomandata è di 7-9 ore

Anziani (65+): la durata raccomandata è di 7-8 ore

 In figura, è riportata una rappresentazione grafica di queste raccomandazioni sulla durata del sonno.

References:

  • Max Hirshkowitz, Kaitlyn Whiton, Steven M. Albert, Cathy Alessi, Oliviero Bruni, Lydia DonCarlos, Nancy Hazen, John Herman, Eliot S. Katz, Leila Kheirandish-Gozal, David N. Neubauer, Anne E. O’Donnell, Maurice Ohayon, John Peever, Robert Rawding, Ramesh C. Sachdeva, Belinda Setters, Michael V. Vitiello, J. Catesby Ware, Paula J. Adams Hillard: National Sleep Foundation’s sleep time duration recommendations: methodology and results summary,Sleep Health,Volume 1, Issue 1,2015,
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Controindicazioni all’utilizzo dei dispositivi di avanzamento mandibolare ed effetti collaterali

Numero di denti insufficiente per supportare il dispositivo

La principale controindicazione all’utilizzo del MAD è data da edentulia parziale o totale. Questo è un problema che si riscontra nelle fascie di età dai 55 ai 64 anni, ma sopratutto dai 65 ai 74 anni. Inoltre l’edentulismo stesso può peggiorare le apnee del sonno. I denti che mancano più spesso sono il primo e il secondo molare, necessari per l’applicazione della maggior parte dei MAD. Tuttavia questo problema si può superare utilizzando alcuni dispositivi che non si appoggiano su tutti gli elementi dentari.

Mobilità dentale e parodonto patologico

Per quanto riguarda l’utilizzo del MAD, una mobilità dentale notevole costituisce una controindicazione quanto l’edentulia. Una delle principali cause di parodontopatia, oltre che di edentulia, è un’igiene orale carente. Nei pazienti trattati con MAD è quindi necessario monitorare attentamente la situazione parodontale e l’igiene orale.

Disordini temporomandibolari

Problematiche all’articolazione temporomandibolare, come dolore e rumori, sono abbastanza comuni, tuttavia non ci sono criteri per stabilire dei disordini che possono precludere al trattamento con MAD. Recentemente è stata messa in discussione questa controindicazione, evidenziando come l’utilizzo di MAD in pazienti con disordini temporomandibolari non sembri esacerbare la sintomatologia. La principale controinicazione legata all’articolazione temporomandibolare rimane quindi un limitato avanzamento massimo della mandibola, che preclude l’utilizzo del MAD.

Effetti collaterali

Gli effetti collaterali sono per lo più effetti soggettivi, e includono dolore e rumore all’articolazione temporomandibolare, dolore miofasciale, mal di denti, scialorrea o xerostomia, irritazione gengivale, e alterazioni occlusali nella mattina successiva all’applicazione. Tutti questi sintomi sono di lieve entità e temporanei.

Come precedentemente accennato, il MAD non influisce sulla posizione dell’articolazione temporomandibolare. Tuttavia è stata osservata una modifica permanente dell’occlusione, con riduzione di overjet, overbite e dei contatti posteriori.

BIBLIOGRAFIA

  • Petit FX, Pépin JL, Bettega G, Sadek H, Raphaël B, Lévy P. Mandibular advancement devices: rate of contraindications in 100 consecutive obstructive sleep apnea patients. Am J Respir Crit Care Med. 2002;166(3):274-278. doi:10.1164/rccm.2008167
  • Alessandri-Bonetti A, Bortolotti F, Moreno-Hay I, et al. Effects of mandibular advancement device for obstructive sleep apnea on temporomandibular disorders: A systematic review and meta-analysis. Sleep Med Rev. 2019;48:101211. doi:10.1016/j.smrv.2019.101211
  • Maria Lavinia Bartolucci, Francesco Bortolotti, Stefano Martina, Giulia Corazza, Ambra Michelotti, Giulio Alessandri-Bonetti, Dental and skeletal long-term side effects of mandibular advancement devices in obstructive sleep apnea patients: a systematic review with meta-regression analysis, European Journal of Orthodontics, Volume 41, Issue 1, February 2019, Pages 89–100, https://doi.org/10.1093/ejo/cjy036
  • Marklund M, Braem MJA, Verbraecken J. Update on oral appliance therapy. Eur Respir Rev. 2019;28(153):190083. Published 2019 Sep 25. doi:10.1183/16000617.0083-2019

Jordi Martínez-Gomis, Eva Willaert, Lluis Nogues, Maribel Pascual, Maria Somoza, Carmen Monasterio; Five Years of Sleep Apnea Treatment with a Mandibular Advancement Device: Side Effects and Technical Complications. Angle Orthod 1 January 2010; 80 (1): 30–36. doi: https://doi.org/10.2319/030309-122.1

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EFFETTI COLLATERALI E COMPLICANZE POSSIBILI

La sindrome da apnee ostruttive del sonno (OSAS) è caratterizzata da episodi ripetuti di riduzione del flusso aereo a causa del collasso delle vie aeree superiori durante il sonno.

Fortemente legata alla presenza di obesità, la sindrome da apnee ostruttive del sonno è un fattore di rischio indipendente per anomalie del metabolismo del glucosio, che possono variare da una semplice intolleranza al glucosio al diabete di tipo 2. È inoltre un fattore di rischio per la dislipidemia, cioè la presenza di un livello elevato di lipidi o un livello elevato di colesterolo, sindromi metaboliche e steatosi epatica non alcolica. I meccanismi patologici alla base di queste associazioni rimangono sconosciuti, ma molto probabilmente l’ipossia intermittente è uno dei motivi principali. Inoltre, resta sconosciuto l’effetto del trattamento della sindrome da apnee ostruttive del sonno sulle condizioni metaboliche ad essa associate.

È inoltre importante sottolineare che l’OSAS è associata ad un elevato rischio di morbilità e mortalità per cause cardiovascolari. La prima conseguenza dell’OSAS molto spesso è l’ipertensione arteriosa, ma le conseguenze più severe sono la malattia coronarica, l’ictus e l’aritmia. Il trattamento dell’OSAS con c-PAP è però in grado di influenzare positivamente i meccanismi patogenetici responsabili della malattia cardiovascolare, poiché l’uso prolungato di c-PAP porta ad un miglioramento delle funzioni endoteliali, riduce lo stress ossidativo, l’infiammazione e diminuisce i livelli di metallo-proteasi.

Analizzando invece gli effetti collaterali dei dispositivi utilizzati per la cura dell’OSAS si possono in prima linea osservare quelli dovuti all’utilizzo prolungato del MAD (dispositivo di avanzamento mandibolare).

In uno studio retrospettivo di 318 pazienti in cura con MAD è stato osservato che all’interno del gruppo dei soggetti in cui la terapia ha avuto successo nel 54.4% dei casi ci sono stati degli effetti collaterali, di cui il più frequente è stato il dolore all’articolazione temporo-mandibolare. In seguito a ciò il 23.3% dei pazienti ha interrotto il trattamento, cioè in 1 paziente su 10. 

A tal proposito, venne svolto un altro studio in cui furono comparati il dolore e la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare associati all’uso di MAD e c-PAP. Si evidenziò che solamente nel primo periodo di utilizzo del MAD erano presenti dolori temporo-mandibolari considerabilmente superiori a quelli osservati con l’uso della c-PAP. Tuttavia, in entrambi i gruppi non ci sono state limitazioni nella funzionalità dell’articolazione durante l’intero periodo di follow-up. Perciò, anche se nel primo periodo di utilizzo del MAD possono presentarsi dei dolori all’articolazione, data la natura transitoria di questi non c’è ragione per non considerare l’utilizzo di MAD per la terapia della sindrome da apnee ostruttive del sonno. Inoltre, i disordini temporo-mandibolari e il rischio di sentire dolore sono limitati con l’utilizzo prolungato del MAD.

Un terzo studio svolto nel 2013 si è posto come obiettivo quello di osservare gli effetti collaterali dentali dovuti all’uso di MAD e c-PAP. Confrontando i due diversi gruppi, si osservò che nei soggetti in cura con MAD, overbite e overjet sono diminuiti rispettivamente di 1.2 mm e 1.5 mm. Invece, in entrambi i gruppi si osservò una significativa diminuzione dei punti di contatto occlusali a livello dei premolari e dei molari. 

Sitografia:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31910746   

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31863188

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27017065

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26654519

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22562077

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21538074

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29749371

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IL CONSENSO INFORMATO ALLE CURE

“il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”

La storia del consenso alle cure è varia ed in evoluzione, per cui è fondamentale per gli operatori sanitari mantenersi aggiornati e informati. 

In Italia la normativa attualmente più recente è la Legge Legge 22 dicembre 2017, n. 219, sulle “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. In apertura: “[…] tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata […]”, nel rispetto dei principi della Costituzione (art. 2, 13 e 32) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Allo scopo di promuovere e valorizzare la relazione di cura tra paziente e medico, il testo afferma che è diritto di ogni persona “conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.                                                                                                                                                                           Per quanto riguarda i soggetti minori e incapaci, la Legge prevede “[la persona minorenne o incapace] deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”.                                                                                                                                           In tali casi, il consenso informato è espresso o rifiutato:

  • per il minore, “dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà” del minore stesso, “in relazione alla sua età al suo grado di maturità”
  • per la persona interdetta, “dal tutore sentito l’interdetto, ove possibile”.
  • La persona inabilitata, invece, può esprimere personalmente il proprio consenso e disposizioni particolari sono previste nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno.

Vengono regolamentate inoltre tutte le modalità in cui il consenso può essere espresso: “il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.                                                                                                                                                           In ogni momento la persona può rivedere le sue decisioni: il rifiuto (non inizio) o la rinuncia (interruzione) riguardano tutti gli accertamenti diagnostici e i trattamenti sanitari, tra i quali la Legge include l’idratazione e la nutrizione artificiali.

Prendiamo in esame ora i doveri e i diritti del medico:

  • “Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.
  • “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”.
  • Nelle situazioni di emergenza o di urgenza “il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”.

La legge affronta anche il tema della terapia del dolore, del divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e della dignità nella fase finale della vita. Dall’articolo 2: “il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative di cui alla Legge 15 marzo 2010, n. 38.                                                                                                                                                    Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.

L’art. 5, infine, tratta di un caso particolare di consenso informato in cui medico e paziente possono realizzare una pianificazione condivisa delle cure in caso di “patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta”. 

Bibliografia:[1] http://www.salute.gov.it/portale/dat/dettaglioContenutiDat.jsp?lingua=italiano&id=4953&area=dat&menu=vuoto

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ESAME CLINICO IN CASO DI OSAS

Un accurato esame clinico è fondamentale in ogni iter diagnostico allo scopo di inquadrare il paziente e i suoi sintomi, raccogliendo tutte le informazioni necessarie alla formulazione della diagnosi e quindi del piano di trattamento più adeguato. 

Nel caso della Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno, ciò consiste nella ricerca di tutti i possibili fattori di rischio predisponenti la patologia e di eventuali problematiche che possono influire sul risultato finale. Nel primo caso, un ruolo chiave è svolto dall’anamnesi, la quale deve essere minuziosa e dettagliata. Il sesso e l’età del paziente rappresentano informazioni che permettono un’iniziale quantificazione del rischio: è stimato, infatti, che la prevalenza maschile si attesti intorno al 4%, il doppio rispetto a quella femminile, ma che le differenze si annullino nel caso di particolari condizioni della donna, come gravidanza o menopausa, in cui si hanno forti cambiamenti ormonali. Durante il periodo gestazionale, infatti, un aumento dei livelli di estrogeni ha come conseguenza un cambiamento delle vie aeree superiori che appaiono con mucose di spessore aumentato e dunque più resistenti al flusso d’aria; viceversa il calo ormonale consistente che si verifica durante la menopausa, predispone le donne alla condizione di OSAS. 

È importante inoltre che il medico indaghi circa lo stile di vita e le abitudini del paziente, poiché tra i fattori predisponenti si trovano anche l’abuso di alcool, fumo e l’utilizzo di farmaci ipnotici e antistaminici che amplificano la caduta del tono muscolare e quindi conducono più facilmente ad ostruzione delle vie aeree. 

Tra i dati raccolti non devono poi mancare il BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea) del paziente e la circonferenza del collo: l’obesità e l’accumulo di grasso nella regione sottomentale, oltre che negli spazi retrofaringei, costituiscono uno dei principali fattori di rischio per l’OSAS. Studi recenti riportano che circa la metà delle persone con OSAS è obesa; inoltre, si stima che nell’obesità grave, la prevalenza dell’apnea notturna si attesti tra il 40% ed il 90%. L’adiposità compromette le vie aeree superiori sia perché il cosiddetto “doppio mento” comprime la faringe dall’esterno in posizione supina, sia per l’infiltrazione interna delle strutture muscolari parafaringee che riduce lo spazio per il passaggio dell’aria. L’obesità patologica, inoltre, produce un impatto di notevole importanza nei confronti della dinamica ventilatoria: i depositi adiposi attorno all’addome, al diaframma e alle coste riducono la flessibilità della gabbia toracica e la respirazione si fa più faticosa: in posizione supina il carico adiposo si fa sentire maggiormente e contribuisce all’aggravarsi dell’ipossiemia. 

Per queste ragioni, è consigliabile avere un valore di BMI inferiore a 30 ed una circonferenza del collo minore di 43 cm negli uomini (<41 cm nelle donne).

Il medico deve ricercare eventuali comorbilità del paziente, quali ipertensione o altre problematiche cardiovascolari, che implementerebbero il rischio di incorrere in morte improvvisa, di per sé già aumentato nei pazienti OSAS. Un’altra patologia che si associa frequentemente all’OSAS è il diabete di tipo II, sia perché la maggioranza dei pazienti con apnee è in sovrappeso, sia perché la sindrome OSAS comporta un rischio 9 volte superiore di sviluppare sindrome metabolica con insulino-resistenza.

Un ruolo chiave è giocato dall’odontoiatra, il quale ha un duplice compito, dapprima come ‘sentinella’ e poi nella valutazione dello stato dentale, parodontale ed articolare del soggetto ai fini terapeutici. Secondo il Ministero, una percentuale molto elevata della popolazione generale si reca dall’odontoiatra almeno una volta all’anno per visite di controllo, igiene orale professionale o per eseguire terapie odontoiatriche: per questo motivo i dentisti hanno la possibilità di intercettare precocemente i segni e sintomi dell’OSAS. Allo stesso tempo poi, possono valutare se il paziente presenta alcuni parametri, non strettamente odontoiatrici, favorevoli al trattamento con specifici dispositivi orali (MAD); lo specialista deve quindi garantire la salute orale del paziente in modo da rendere possibile il trattamento con i dispositivi orali e/o c-PAP. Il numero di denti presenti per l’ancoraggio rappresenta un requisito fondamentale per la terapia con i Dispositivi di Avanzamento Mandibolare poiché un’adeguata ritenzione dell’apparecchio garantisce l’efficacia della terapia (ad esempio, se il soggetto tende ad aprire la bocca durante il riposo, il corretto posizionamento del dispositivo garantirà comunque la pervietà delle vie aeree superiori); nello specifico, devono essere presenti almeno 6 elementi per arcata con corona clinica sufficientemente rappresentata. Eventuali ricostruzioni protesiche come ponti e/o corone devono essere cementate definitivamente per ridurre la probabilità di distacco durante la rimozione del MAD. 

È noto altresì che l’edentulia totale comporta un rischio maggiore di OSAS per via delle modificazioni anatomiche che subiscono le prime vie aeree: infatti la perdita degli elementi dentali causa la riduzione dell’altezza verticale, la rotazione antioraria della mandibola e lo scivolamento posteriore del complesso mandibola-base della lingua, clinicamente evidenziabile con la riduzione dello spazio aereo posteriore e dello spazio retrofaringeo.

Per escludere la presenza di disordini temporo-mandibolari, che rappresentano una controindicazione relativa al trattamento con MAD, bisogna eseguire inoltre una palpazione dei muscoli masticatori e delle articolazioni temporo-mandibolari e valutare la presenza di rumori articolari, oltre che di eventuali limitazioni funzionali e deviazioni durante il tragitto di apertura e chiusura della bocca. Nella valutazione del range dei movimenti mandibolari, oltre alla distanza interincisale in massima apertura e alle lateralità, bisogna considerare anche la massima protrusione, poiché un limitato spostamento anteriore potrebbe ridurre le probabilità di successo della terapia con MAD: nello specifico è necessario un avanzamento mandibolare di minimo 6 mm.

Infine, è importante valutare l’ingombro dei tessuti molli orali tramite il grading tonsillare e la scala di Mallampati/Friedman, fondamentali per l’indirizzamento del trattamento terapeutico, soprattutto in fase pediatrica; una parziale occlusione delle vie aeree data da un’ipertrofia tonsillare per esempio può far propendere verso il trattamento chirurgico.

Una volta terminata la fase di anamnesi ed esame obiettivo si procederà con gli esami strumentali quali polisonnografia ed eventuali approfondimenti radiografici per completamento del quadro diagnostico allo scopo di individuare la scelta terapeutica più adeguata.

Bibliografia

  • Iter diagnostico odontoiatrico per pazienti affetti da OSAS, SIMSO.
  • Linee guida nazionali per la prevenzione ed il trattamento odontoiatrico della sindrome delle

apnee ostruttive nel sonno;

  • Linee guida nazionali per la prevenzione ed il trattamento odontoiatrico del russamento e della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in età evolutiva; 
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  • Kuvat N, Tanriverdi H, Armutcu F. The relationship between obstructive sleep apnea syndrome and obesity: A new perspective on the pathogenesis in terms of organ crosstalk. Clin Respir J. 2020 Feb 29.
  • Bucca C et Al. Tooth loss and obstructive sleep apnoea. Respiratory Research Vol.7; n.8 (2006)

Giordano A. et Al. Obstructive sleep apnea syndrome and cognitive impairment: effects of CPAP